Gli scritti
 

 

 

 

   

 

COMPAGNONI LUIGI -  Brescia 26 maggio 1921 (PRESIDENTE ONORARIO)                     

"GINO: LE MIE MEMORIE DAL FRONTE"

Gennaio 1940 - 7° Fanteria Divisione “ Cuneo” di Milano con mansioni di “allievo musicante” presso la Banda del Presidio, frequentante il 5° anno al Conservatorio G.Verdi

10 giugno 1940 - Il Governo italiano dichiara guerra a Francia e Inghilterra.  Decide di seguire un gruppo di bresciani  (reduci quali volontari delle guerre in Abissinia e Spagna) che attende di partire per l’Albania. 

28 ottobre  1940   - Con il III Battaglione Mitraglieri di Corpo d’armata è  in prima linea ininterrottamente in Albania.

21 aprile   1941.   – Alla fine delle ostilità la sua compagnia è decimata,  Sono rimasti 17 uomini, un Serg. Magg., nessun ufficiale.

Partecipa all’occupazione della Grecia fino al dicembre 1941.

Gennaio 1942 -  E’ rimpatriato a Milano con la mansione di istruttore delle reclute della classe 1922 presso il  7° Fanteria

Incontra il suo amico d’infanzia - Reggiani Giuseppe - appena arrivato dalla Grecia e  diretto  al centro di addestramento paracadutisti Tarquinia. Abbraccia l’amico di sempre e dice “… vengo anch’io ! ”. (il suo amico cadrà  ad El Alamein a fianco del Serg. Magg -  M.O.V.M. alla memoria - Dario Pirlone)

Marzo 1942  -    Al termine dell’addestramento di paracadutista, è assegnato al II Battaglione VI Compagnia I Plotone, con il Tenente Ferruccio Brandi. Assume il comando della II squadra. 

Il 23 ottobre partecipa alla battaglia di El Alamein:, nei suoi appunti scrive:

 ””…… verso mezzanotte allungano il tiro; hanno lanciato i fumogeni, davanti a noi non si vede nulla, sentiamo solo lo sferragliare dei loro mezzi corazzati che salgono dal varco del ciglione…..assistiamo sbalorditi e storditi al deflusso dei bren-carrier, autoblindo carri armati, truppe a piedi e motorizzate che ci sorpassano ed avanzano indisturbati verso la nostra prima linea….dopo pochi minuti alle nostre spalle una autoblindo si avvicina a noi sparando, è seguita da una ventina di soldati ......

Giunta a pochi metri dalla nostra postazione il Tenente urla “ all’assalto, fuori tutti ! “ lanciamo bombe a mano, il Tenente lancia una molotov che incendia l’autoblindo. SI ritirano velocemente. Un carro armato (uno Sherman ?) si ferma a circa trenta  metri da noi. Spara a brevi intervalli a poco più di un  metro sopra le nostre teste, proiettili traccianti…..     vedo vampe e poi sento vicinissimi gli scoppi dei loro mortai dove ci sono i fucilieri del IV° Battaglione …..accorciano il tiro e sparano su di noi ….  Due bren-carrier avanzano, gli equipaggi lanciano bombe a mano passano sopra le nostre buche, sento urlare Piossini del 4° battaglione (un bresciano, abita in ......NDR): è colpito ad una gamba da un cingolo, il serg. magg. Bodriti ha il viso insanguinato, Maiolatesi del IV Battaglione è ferito ad una mano – gli verrà amputata.

 Il grosso carro armato arretra sparando raffiche..... il Tenente Brandi mi cade fra le braccia, un proiettile gli ha asportato metà del viso. Il pacchetto di medicazione non è sufficiente, mi tolgo la pancera e riesco a fermare il sangue. Gesticola, vuol sapere l’ora. Rispondo: sono le quattro. …  ritornano! cosa faccio….. ?”  Con la mezza bocca che gli rimane mi risponde borbottando: “ resistiii , res. rrr …”.

 Il Tenente mi fissa, tenta di parlare, il sangue si è fermato, gli sollevo la testa respira affannosamente per pochi secondi e rimane immobile….. “””””  

Compagnoni sarà preso prigioniero di guerra e deportato prima in Egitto,poi in Palestina e in India. Sarà rimpatriato nel gennaio 1946.

Nel 2007, dopo sessantasei anni, inizia un carteggio tra Luigi Compagnoni e il Tenente Brandi, sopravvissuto alla battaglia, divenuto Generale della Brigata Folgore e decorato  M.O.V.M.

Bolzano 29 novembre 2007 il Gen. Brandi  scrive:

“”” Caro Compagnoni, ho recentemente avuto sue buone notizie dal Presidente dell’A.N.P.d’I di Brescia. ….. La ricordo benissimo quale valoroso paracadutista, della 6* Compagnia, autorevole comandante di squadra mitraglieri…. .. Sia pure con 65 anni di ritardo debbo esprimerle tutta la mia gratitudine per avermi soccorso allorchè fui ferito. ……. Tanti affettuosi saluti , caro  Compagnoni, con profonda stima ed amicizia.  Brandi. “””

Compagnoni invia al Generale la bozza delle sue memorie e il  Generale risponde:

Bolzano 14 dicembre 2008 

 “”” Caro Compagnoni,  …. Ho letto con interesse ed emozione la “memoria” che ha voluto inviarmi ….. è un documento chiaro ed efficace ….. ancora grazie e tanti auguri di Natale ……….

L’abbraccio con memore pensiero e riconoscenza . Aff.mo Brandi

   

 

           


AUGURI GINO ! UN COMPLEANNO, UN LANCIO, UN RICORDO!

UN GIORNO, DAVVERO SPECIALE.

 

 Il compleanno che ABBIAMO festeggiato, è quello del nostro Presidente onorario, il folgorino  Luigi Compagnoni nato il 26 maggio 1921 e a cui abbiamo riservato una gradita sorpresa......

Il lancio, che definirlo speciale è quasi riduttivo, è quello che lo stesso Luigi Compagnoni effettuerà domenica 7 giugno (in mattinata) sull’aeroporto di Migliaro a Cremona.

A renderlo ulteriormente memorabile, è il fatto che lo effettuerà insieme a suo figlio ed al nipote: quindi, il lancio di tre generazioni, la prima delle quali rappresentata da un paracadutista combattente di El Alamein.

Si lancerà con loro anche il nostro Presidente Tino Feola.

Ci è stato inoltre chiesto dall’ottantottenne folgorino, di menzionare ricordando i paracadutisti bresciani che furono con lui ad El Alamein ma non citati nelle sue sintetiche memorie che il nostro sito vi mette a disposizione  alla sezione “Presidenza” (leggetele, se non lo avete ancora fatto). Riportiamo volentieri tale ricordo così come a noi pervenuto da Luigi Compagnoni quando lo abbiamo incontrato, in occasione dei lanci organizzati recentemente dalla nostra Sezione sul Campo di Marte.

 “Nel breve tratto di fronte (quota 105 – Raggruppamento Ruspoli) oltre a me e ad altri dei quali non ricordo i nomi, erano presenti i bresciani: Reggiani Peppino, Stabilini Severino, Lussignoli Bortolo, Piossini…….., Bolognesi…….., Geroldi………”

 

Il nostro FOLGORE !!! è oggi dedicato al nostro Presidente Onorario GINO e a tutti i paracadutisti bresciani che come lui combatterono l’epica battaglia.

 ANCORA AUGURI DA PARTE DI TUTTI !!

 


 

    

19 luglio 2009 Lanci Novi Ligure                                         

    

1999: Lancio trigenerazionale di Gino     

    

Lancio trigenerazionale di Gino                                           Visita presso la palestra (6° corso)


pubblicato il 10 agosto 2009

 

LA NOSTRA STORIA !

redattore Gino Compagnoni

 

1940 – 1941:

L’incontro col protagonista di un momento della nostra storia in Africa settentrionale che merita di essere ricordato:

 

Il 25 ottobre 2008, su invito del Ministero della Difesa, con altri quattro paracadutisti reduci Battaglia di El Alamein partecipai alla Commemorazione dei Caduti che si svolse presso il Sacrario di El Alamein  alla presenza del Presidente della Repubblica on. Giorgio Napolitano

Tra i miei compagni di viaggio c’era il Tenente Colonnello Giuseppe Aloi (classe 1912), che è stato uno dei primi paracadutisti militari italiani:  apparteneva al 1° Battaglione paracadutisti libici,  sin dal 1938 alle dipendenze del Maresciallo dell’Aria Italo Balbo.

Mi sono trovato ad essere in compagnia di un protagonista di un importante episodio della storia d’Italia, e forse non solo, vista l’importanza dell’evento e le conseguenze che ha avuto sulla seconda guerra mondiale.

In una lunga conversazione che abbiamo avuto a Roma prima di partire, l’ufficiale fra l’altro ci disse: “…  il  28 giugno 1940 ero nel Campo Trincerato di Tobruc, comandante di un reparto di antiaerea,  quando ricevetti l’ordine : “QUALSIASI AEREO CHE SORVOLERÀ IL CIELO DI TOBRUC DOVRA’ ESSERE ABBATTUTO”

Ad un certo punto, vedemmo apparire un aereo ….aveva tre motori, e quindi molto probabilmente  era italiano….e molto probabilmente su quell’aereo c’era Italo Balbo, ma non potevo – ovviamente – trasgredire ad un ordine e obbedii … “”””

 

 

Riporto alcuni stralci da alcuni libri che hanno affrontato l’argomento:

 

 

Stralcio da: OLTRE TORRENTE – Italo  Balbo - pagg. 173 – 174

Ed. Feltrinelli – Collana  narratori

 

 “”” … Mussolini trascinò l’Italia in guerra, Balbo annunciò ai quattro venti che era fermamente contrario, così, per allontanarlo venne trasferito in Libia a fare il Governatore della quarta sponda, come la chiamava il regime…. Nel giugno 1940, Balbo annuncia al segretario personale che intende andare a Roma  a scatenare uno scandalo. L’indomani, mentre sta per atterrare a Tobruk al comando del suo aereo, la contra aerea italiana lo centra in pieno e questo dopo un’incursione inglese durante la quale non era stata sparata una sola cannonata …. Balbo pilotava un Savoia Marchetti, il cosidetto  Sparviero un  bombardiere a tre motori, mentre tutti i velivoli alleati ne avevano due o quattro, mai tre …

 ….L’indomani della sua morte un aereo inglese lanciò dei volantini su Tobruk  che esprimevano il rammarico del Comandante delle forze alleate per la fine di un “ valoroso “ che il fato aveva voluto dalla parte avversa….

 

Stralcio da: L’ARMATA NEL DESERTO

– Il segreto di El Alamein ( Pagg. 12-13-14- )

ARRIGO PETACCO –  Ed. Arnoldo  Mondadori SpA.

 

 

””””  la  misteriosa  morte  di   Italo Balbo diede luogo a ad una tempesta divoci che neppure la rigida censura fascista era riuscita a frenare…

…Il Maresciallo dell’aria Italo Balbo era indubbiamente il più dinamico dei nostri Comandanti e, forse l’unico in grado di trasferire nel deserto la Blitzkrieg esperimentata con successo in Europa dalla Wehrrmacht …. fin dal primo giorno di guerra egli andava perorando il permesso di sviluppare un’azione offensiva in direzione dell’Egitto.

Quell’ ordine, richiesto con insistenza da Balbo, giunse a Tripoli la mattina del 28  giugno  1940  esattamente diciotto giorni dopo l’inizio del conflitto.

Il dispaccio del Maresciallo Badoglio dopo aver sottolineato che la recente resa della Francia aveva disinnescato ogni minaccia che poteva pervenire dalla Tunisia, così proseguiva ….

…di conseguenza tu non hai che da fare fronte ad est. Concentra tutti i tuoi mezzi ad est verso l’Egitto e fai di tutto per essere pronto il 15 luglio

 Ma quando l’ordine giunse a destinazione Italo Balbo non c’era più. Era morto  mezz’ora prima abbattuto con il suo aereo mentre rientrava da Tobruk  dopo una perlustrazione in territorio nemico….

La morte di Balbo fu un colpo durissimo e forse fatale per la prosecuzione delle operazioni militari in Africa settentrionale, le forze italiane avrebbero probabilmente raggiunto Suez in poche settimane  con le conseguenze che si possono immaginare …

…Mussolini trascinò l’Italia in guerra e, Balbo annunciò ai quattro venti che era fermamente contrario, così, per allontanarlo venne trasferito in Libia a fare il Governare della quarta sponda, come la chiamava il regime….

Nel giugno del ’40, Balbo annuncia al segretario personale che intende andare a Roma a scatenare uno scandalo. L’indomani. Mentre sta per atterrare a Tobruk al comando del suo aereo, la contraerea italiana lo centra in pieno e questo, dopo un’incursione inglese durante la quale non era stata sparata una sola cannonata …

Balbo pilotava un Savoia Marchetti 79, il cosi detto “ Sparviero” un bombardiere a tre motori, mentre tutti i velivoli alleati ne avevano due o quattro, mai tre. ….l’addestramento degli artiglieri antiaerei consiste in massima parte nel riconoscere i velivoli a distanza, e lo “Sparviero” era inconfondibile e, per di più stava volando a bassa quota apprestandosi ad atterrare. …. L’indomani della sua morte un aereo inglese lanciò dei volantini su  Tobruk che esprimevano il rammarico del Comandante delle forze alleate  per la fine di un “valoroso” che il fato aveva voluto nella parte avversa ….

Mussolini rimpiangerà la scomparsa di Italo Balbo con queste parole:: “Sono perfettamente convinto che se Balbo fosse rimasto al comando delle truppe operanti in Libia noi non avremmo avuto l’Insuccesso che abbiamo dovuto deplorare. Comunque non sarebbe rimasto a quattrocento chilometri dalla linea del fuoco come qualcuno di nostra conoscenza … .”  Quel qualcuno era Rodolfo Graziani …. “””””

 

 


pubblicato il 05 settembre 2009

 

LA NOSTRA STORIA - 2^ parte - redattore Gino Compagnoni

 

Nei primi giorni del prossimo ottobre, in occasione del cinquantesimo anniversario dall’inizio della costruzione del Sacrario voluto e realizzato dal Colonnello Paolo Caccia Dominioni ( M.O.V.M alla memoria), un gruppo di paracadutisti della nostra Sezione renderà omaggio ai Caduti italiani nella Battaglia di El Alamein. 

Presenzieranno alla Cerimonia, provenienti da tutta Italia, centinaia di paracadutisti con Labari e Fiamme; per la Sezione A.N.P.d’Italia di Brescia saranno presenti fra gli altri:

l’Alfiere Secondo Taglietti con il Labaro della Sezione e il vice Presidente Mario Regazzi con la fiamma del  Nucleo di Orzinuovi. 

Ricorderanno i bresciani che la notte del 23 ottobre 1942 erano presenti nel breve tratto di fronte a quota 105, quando i centri di fuoco a livello di squadra del “Raggruppamento Ruspoli”,  furono  superati lateralmente ed accerchiati da una marea di carri armati, truppe motorizzate, autoblindo.

 Il nostro Presidente Onorario era al fianco della Medaglia d’oro al valor militare Ferruccio Brandi il quale, gravemente ferito, fu da lui soccorso;  Bonizzoli Bortolo di Lumezzane del IV Battaglione, con il commilitone Piossini ferito ad una gamba dal cingolo di un bren-carrier, il Cap. Magg. Severino Stabilini di Leno, che con la sua squadra, un attimo dopo la cessazione del bombardamento, si trovò gli inglesi in buca e non riuscì a sparare un solo colpo; Pagani Ottorino servente al pezzo 47/32 al comando del Sergente Maggior Dario Pirlone ( M.O.V.M.)  che vide, quest’ultimo colpito a morte insieme a Giuseppe Reggiani il quale, privo di piastrino di riconoscimento, è tumulato con  i 1350 soldati “Ignoti a noi, noti a Dio .

                  

FOTO 01:

I due amici d’infanzia Giuseppe Reggiani e Gino Compagnoni in Piazza Duomo a Milano Nel giugno 1940 sono volontari di guerra in Albania. (foto 8).

FOTO 02:

Gino Compagnoni in gioventù da soldato della Folgore.

 

M.O.V.M.Sergente Maggiore Dario Pirlone

-185° Reggimento artiglieria Folgore-

Comandante di un pezzo anticarro impegnato da forte formazione di carri e di fanteria nemica, riusciva, dopo strenua lotta ad infliggere al nemico sensibili perdite.

Successivamente avendo avuto immobilizzato il pezzo, feriti i suoi serventi, ferito egli stesso gravemente alle gambe, incitava i suoi dipendenti a non perdersi d’animo ed a continuare a combattere con le bombe a mano ed i pugnali. Sopraffatto dal nemico irrompente, nella sua postazione, vincendo lo strazio del suo corpo martoriato sorreggendosi con uno sforzo supremo sulle gambe maciullate scaricava la pistola sul nemico gridando:  "Voi non  mi avrete vivo. Viva l’Italia” !

Cadeva da prode.

El Alamein (A.S.) 24 ottobre 1942

 

 

Paracadutista Giuseppe REGGIANI

 alla Memoria

 


 

pubblicato il 26 settembre 2009

LA NOSTRA STORIA - 3^ parte - redattore Gino Compagnoni

 

 

BBC London … LA  FOLGORE  E’  CADUTA  CON  LE  ARMI  IN PUGNO 

Stralcio dalla relazione del 187° Reggimento paracadutisti “Folgore” sui combattimenti in Africa settentrionale ( El Alamein )

 

 ""La sera del 2 novembre 1942 verso le ore 21.00 il 187° Reggimento riceveva l’ordine di ripiegare …

I carri armati nemici ci attaccavano da tre lati , verso le ore 10,30 si presentavano anche dal quarto lato  rendendo impossibile ogni ulteriore movimento…Verso le ore 12.00 tutte le munizioni delle armi pesanti erano esaurite e la difesa era sostenuta dalle sole armi leggere che disponevano di ben pochi colpi. Carri armati autoblindo, Bren Carriers continuavano a serrare il cerchio e, ad intervalli, aprivano il fuoco sui reparti.

 

Alle ore 14.00 l'assoluta impossibilità di reagire, la posizione senza riparo alcuno, la mancanza di acqua e di viveri che aveva prostrato il fisico, ma non il morale e soprattutto l'assoluta inutilità di fare aumentare ancora il già grave contributo di sangue, consigliavano lo scrivente ad ordinare la distruzione di tutte le armi e ad ordinare di passare in riga. Quasi alla stessa ora il II° Battaglione circondato da carri armati ultimate le munizioni ... subiva la stessa sorte. ... Il  II° Battaglione comprendeva in tutto 4 ufficiali e 40 paracadutisti… il IV° si disponeva a difesa sul terreno piatto di quel lato di deserto e teneva in rispetto il nemico puntando i pezzi senza far fuoco per mancanza di proiettili …Non un drappo bianco è stato alzato, nessun uomo ha alzato le braccia. ... Il nemico evidentemente e palesemente ammirato verso le ore 10.30 aveva cessato il fuoco, si era avvicinato ed assisteva alla riunione dei due battaglioni .. e dei due Comandanti di Reggimento 186° e 187 che il maggiore Zaninovich presentava al sottoscritto. 32 ufficiali, 272 paracadutisti alcuni dei quali feriti, erano ancora nei ranghi, in piedi. ""

II Colonnello Comandante il 187° Regg.to  Paracadutisti "Folgore"LUIGI CAMOSSO

Da:  "I RAGAZZI DELLA FOLGORE" Alfieri editore Milano - di Alberto Bechi Luserna pagg. 29

 

         

FOTO 01:

Gino Compagnoni al sacrario di El Alamein.

FOTO 02:

Particolare del sacrario custode dei nostri valorosi .

............La “FORTUNA” ( armi, munizioni, viveri …) era stata affondata nel Mediterraneo dalla flotta navale alleata.

I pochi mezzi sfuggiti al blocco navale, arrivarono ( 6 novembre ) quattro 4 giorni dopo..........

 


Pubblicato il 26 ottobre 2009

 67 anni dopo: Paracadutisti !

 ALMENO  UNA  VOLTA  NELLA VOSTRA VITA ANDATE AD EL  ALAMEIN

Il Sacrario sorge su un'ampia zona desertica  Tutto intorno si estende la vasta pianura sulla quale si svolsero le grandi battaglie di El Alamein. L'opera muraria ( 50° anniversario dalla sua fondazione ) sorge su progetto del Colonnello  Paolo Caccia Dominioni M.O.V.M. già Ufficiale del Genio alpino nella 1° guerra mondiale  Comandante del XXXI battaglione guastatori “Folgore".  Dedicò 12 anni della sua vita all’ardua Missione di ricerca dei Caduti fra le sabbie del deserto egiziano incurante dei disagi e dei rischi che la ricerca comportava.  A circa  500 centinaia di metri dal Sacrario a quota 33 una lapide ricorda gli artiglieri del 52° Gruppo che nel luglio 1942  si sono sacrificati . Da  qui mossero 355 ricognizioni nel deserto, oltre 400.000 Km. Percorsi,  per il ricupero di Caduti. Nel Sacrario riposano oltre 5.200 italiani.  A fianco di una piccola Moschea sono sepolti 232 Ascari-Libici nel cimitero Mussulmano.  Mi sembra utile e doveroso ribadire un’importante affermazione pronunciata dal Presidente della Repubblica il 25 ottobre 2008 in occasione del 66° anniversario della Battaglia di El Alamein:

decine di migliaia di uomini diedero qui incontestabile prova. Tutti furono guidati dal sentimento nazionale e dall’amor di Patria, per diverse e non comparabili che fossero le ragioni invocate dai Governi che si contrapponevano si tutti i fronti nel secondo conflitto mondiale. Fu una sconfitta che non avrebbe gettato alcuna ombra sui valori di lealtà e di eroismo dei combattenti italiani o tedeschi, ma che fu dovuta - non solo -  ad El Alamein, alla soverchiante superiorità di uomini e di mezzi dell’opposto schieramento, ma alla storica insostenibilità delle ragioni delle motivazioni e degli obiettivi dell’impresa bellica nazi-fascista. Tutto questo è oggi e da un pezzo, alle nostre spalle: ma non va dimenticato. Ed è giusto dire che i veri sconfitti – anche sulle sabbie di El Alamein – furono i disegni di aggressione e di dominio fondati perfino su dottrine di aberrante superiorità razziale. …. "

On. Giorgio Napolitano -  El Alamein 25 ottobre 2009

 “ …  Dobbiamo davvero inchinarci davanti ai resti della Divisione  “Folgore …”

B.B.C. London. Dalla radiocronaca di un discorso alla Camera dei Comuni di Londra del primo Ministro Winston Churcill

“ …  Gli italiani si sono battuti molto bene ed in particolare la Divisione “ Folgore “ che ha resistito al di là di ogni possibile speranza.  

Radio Cairo, 8 novembre 1942 – Heartbrington

 “ … La resistenza opposta dai resti della Divisione “Folgore" è stata invero ammirevole.

“ Reuter” ... novembre 1942.

 Gli ultimi superstiti della "Folgore"  sono stati raccolti esanimi nel deserto. La "Folgore" è caduta con le armi in pugno …

Il colonnello comandante  il 187° regg. Paracadutisti “Folgore “ Luigi Camosso


Pubblicato il 28 gennaio 2010

 

 Il 23 gennaio 2010, l’Assemblea annuale della Sezione ha eletto il Consiglio e riconfermato Presidente, con voto unanime, il Cav.Uff. Par. Tino Feola.

Quest’ultimo nel corso dei lavori ha, fra l’altro, accennato al recente viaggio ad El Alamein di un gruppo di paracadutisti bresciani svoltosi nel mese di ottobre 2009.

L’ultimo giorno del soggiorno, svoltosi nell’affollato auditorium dell’Hotel, è stato dedicato alla visione di filmati (opera del Consigliere Nazionale Aldo Falciglia) delle fasi salienti della mitica Battaglia, che sono stati dettagliatamente illustrate, alternando gli aspetti tecnico-operativi agli atti di eroismo di singoli “folgorini”, dagli ex Generali della Brigata Folgore: Giovanni Giostra e Salvatore Iacono.

 

Su richiesta degli organizzatori l’intervento conclusivo della manifestazione è stato affidato al “folgorino” della Sezione A.N.P. d’I. di Brescia. 

Riteniamo utile riportare le più significative lapidi riprese sia all’interno che all’esterno del Sacrario dove sono tumulati  4.634 Caduti dei quali 2.447 noti e 2.187 “ignoti a noi, noti a Dio”.

 

 "Gino, Secondo e Mario accanto alle lapidi commemorative, nel deserto di El Alamein"


intervista a Gino "Il giorno" del 30.01.2010

 


 

Pubblicato il 06 marzo 2010

Centocinquant’anni dall’unita’ d’ITALIA

Il  TRICOLORE

(il verde delle nostre pianure, il bianco delle nostre cime, il sangue dei caduti)

 

L’origine della Bandiera Tricolore risale alla fine del settecento quando gli ideali ed i simboli della Rivoluzione Francese si diramarono anche in Italia. Sono state fatte diverse ipotesi, ma la più attendibile è quella del maggio 1796, che coincide con l’arrivo delle truppe Francesi in  Lombardia.

I reparti italiani, costituiti per affiancare l’esercito di Napoleone Bonaparte, presentavano il loro vessillo con i colori bianco, rosso e verde (verde all’asta) dove compariva l’antichissimo stemma comunale di Milano.

 

                                              

La consacrazione politica e nazionale del tricolore avvenne l’anno dopo a Reggio Emilia nella sede del Parlamento della Repubblica Cispadana che, su proposta di un deputato,  il 7 gennaio 1797 decretò:

 “ che si renda universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana. La quale debba essere portata da tutti.”

La Bandiera era costituita da tre fasce orizzontali; al centro di quella bianca lo stemma della Repubblica Cispadana, composto da un faretra contenente quattro frecce che identificavano le province di Reggio Emilia, Modena, Bologna e Ferrara  con la cui unione era stata proclamato la Repubblica.)

 

Dalla fusione della Repubblica Cispadana con la Lombardia derivò sempre nel 1797  la Repubblica Cisalpina, la quale adottò il tricolore a bande verticali 

 

 L’EPOCA NAPOLEONICA

La Campagna di Napoleone in Italia ( 1076 – 1799 ) sgretolò l’antico sistema di Stati in cui era divisa la penisola.

Nel giugno 1800 Napoleone con la vittoriosa Battaglia di Marengo decise le sorti italiane ed a Lione il 26 gennaio 1882  proclamò la Repubblica Italiana della quale diventò il Presidente. La bandiera subì una radicale trasformazione. Restarono i colori bianco rosso e verde, disposti in un quadrato rosso nel quale fu inserito un secondo quadrato bianco che circoscriveva a sua volta un quadrato verde.   

 

 

 Nel 1805 Napoleone diede vita allo Stato Italico e modificò ulteriormente il precedente vessillo che riprese a forma quadrangolare. Mantenendo inalterati i tre colori con al centro lo stemma napoleonico.

La prima città ad inalberarlo fu Venezia, seguita, nell’ordine, da: Brescia, Padova. Bergamo, Vicenza e Verona.

Durante il dominio di Napoleone Bonaparte, dopo l’annessione  delle città dell’Emilia Romagna, (Bologna, Ferrara, Modena,  Reggio Emilia, Massa Carrara e la Zona della Garfagnana)  rese libere e indipendenti dagli antichi Governi furono unificate da Napoleone Bonaparte nella Repubblica Cisalpina. 

Nei successivi tre decenni l’Italia - ancora divisa in sette Stati – la bandiera fu  il simbolo che unì e ispirò a Goffredo Mameli, nel suo canto agli italiani“ …  raccolgaci in unica Bandiera una speme … “

Da allora, le Bandiere degli Stati italiani furono investite da una ventata tricolore.La Bandiera Pontificia si fregiò nel marzo 1948 di una fascia tricolore, la Repubblica Romana adottò il tricolore senza alcun  stemma, Venezia adottò il Tricolore con il Leone di San Marco in alto sulla banda verde, il Gran duca di Toscana consentì che suo stemma fosse inserito nel tricolore, il Regno delle due Sicilie riportò al centro del telo bianco la figura di Trinacria, il Regno di Napoli adottò la Bandiera Reale circondata da colori italiani, su quella delle due Sicilie, al centro del Tricolore fu posto lo Stemma reale.

 

             

 

    

   

 

         

 

      

A Milano. Il 23 marzo 1848 - la cacciata degli austriaci - venne annunciata con un manifesto che terminava con queste parole: “”” Abbracciate questa Bandiera tricolore che, pel valore vostro, sventola nel Paese, e giurate di non lascatevela strappare mai .”””

 

1848 – Carlo Alberto promulgando lo statuto adottò il vessillo tricolore con il proclama rivolto ai Popoli della Lombardia e del  Veneto  in cui era scritto: “””” … per meglio dimostrare il sentimento dell’unione italiana, le truppe piemontesi entreranno in Lombardia e nel Veneto portando lo scudo dei Savoia sovrapposto alla Bandiera Tricolore … “””

L’Assemblea Costituente nella seduta del 24 marzo 1947 approvò l’art. 12  della Carta Costituzionale che recita:

“”” La Bandiera italiana è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso a tre bande verticali di uguali dimensioni.

Con la nascita della Repubblica il 1° gennaio 1948 e l’entrata in vigore della Costituzione. scomparve dal Tricolore lo stemma sabaudo e fu confermata Bandiera della Repubblica italiana.

 150 ANNI DOPO,

l’Italia, lasciandosi alle spalle secoli di povertà, violenza e degrado - superando contraddizioni e difficoltà - ha raggiunto uno sviluppo che ci ha portato ai primi posti nell’economia mondiale e, nonostante la sconfitta,  un membro fondatore della Comunità europea.  Un’Italia  - una e indivisibile - come l’hanno voluta i nostri padri costituenti - deve superare i pericoli che insidiano l’unità del nostro Paese.  

Oggi come ieri,  non c’è alternativa al crescere insieme.

VIVA L’ITALIA

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L’INNO di MAMELI

Sono migliaia i paracadutisti che con consapevole  entusiasmo e spirito di Corpo  da sessantotto anni urlano,  PARA’ – FOLGORE ! ma, pochi conoscono i particolari dell’impresa eroica che ha lasciato un segno tanto positivo nella Storia del nostro Paese e, tanto meno sono informati del significato patriottico che il testo dell’Inno di Mameli esprime. Riteniamo, pertanto di fare cosa utile nel ricordare che il 12 ottobre 1946 l’Inno di Mameli diventò l’Inno nazionale della Repubblica Italiana e, che Il “canto degli Italiani” nacque nel clima di fervore patriottico che preludeva la guerra contro l’Austria. La cultura classica del ventenne autore del testo, Goffredo Mameli ( era l’anno 1847 )  con l’inno si richiama alla Storia d’Italia e, a partire dall’Impero romano, ripercorre sette secoli di lotta contro il dominio straniero. 

L’Elmo di Scipio che cinge la testa dell’Italia è di Scipione l’Africano;  La Vittoria si offre alla nuova Italia e a Roma.

Un’unica Bandiera una speme (speranza) per i Comuni d’Italia ancora divisa in sette Stati,

 La battaglia di Legnano del 1176 e la sconfitta del Barbarossa; l’estrema difesa della Repubblica di Firenze di cui fu simbolo il Capitano Francesco Ferrucci,  Ferruccio, 1530; la figura del Balilla, simbolo della rivolta popolare a Genova,  nel 1746 ed infine

 i Vespri siciliani che ricordano l’insurrezione di Palermo contro i francesi , chiamati a raccolta dal suon di ogni squilla ( tutte le campane).

Siamo deboli (giunchi) ma vinciamo le spade vendute dell’Austria, sono le truppe mercenarie che insieme con la Russia ( il cosacco) avevano smembrato la Polonia.  Il sangue di due Popoli oppressi (italiano e Polacco) si fa veleno che dilania il cuore dell’aquila d’Austria.

 


Pubblicato il 29 marzo 2010

 

20-23 Aprile 1945 – 20-23 APRILE 2010 -  65°Anniversario Operazione HERRING

 di Gino Compagnoni & webmaster

Della Divisione paracadutisti “NEMBO” costituitasi nel 1943, in Sardegna per difendere l’Isola da possibili attacchi Alleati e, del contributo dato dai paracadutisti alla Guerra di Liberazione, pochi conoscono le vicende e gli episodi del suo divenire. Si ritiene quindi, in occasione del 65 Anniversario dell’Operazione Herring,  quanto mai opportuno e giusto ricordare, con questa breve nota, una pagina luminosa della nostra Storia.

Nel maggio 1944 la “Nembo”, trasferita a Napoli, raccoglie in un solo Reggimento i resti di sei Battaglioni paracadutisti superstiti della Battaglia di El Alamein decimati e senza rimpiazzi dal 1942, e assume nei suoi ranghi con alcuni volontari Partigiani: i marinai del “San Marco”.

E’ così costituito il “Gruppo di Combattimento Folgore” che combatte valorosamente al fianco degli Alleati contro le truppe germaniche

Richiamare alla memoria l’episodio del 20/23 aprile 1945, la partecipazione troppo spesso dimenticata delle nostre Forze Armate e il loro consistente contributo alla Guerra di Liberazione è, non solo legittimo, ma doveroso.

Fu una operazione di sabotaggio delle Forze Alleate e Cobelligeranti nell’Italia settentrionale allora nel territorio della Repubblica Sociale Italiana.

Ed è di questo rilevante episodio, alla vigilia del 65° Anniversario della “Operazione Herring” che, con questa sintetica nota, vogliamo ricordare un’azione rapidissima di grande coraggio, affrontata da 226 ragazzi della Folgore/Nembo che si lanciarono con il paracadute in un lancio di guerra, dietro le linee nemiche,  senza conoscere  le difficoltà dell’atterraggio, del ritrovarsi a terra, dell‘individuare l’obiettivo, dell’assaltare, del difendersi in luogo sconosciuto nel buio di una  notte, consapevoli di essere facile bersaglio del nemico.

 

L’avvenimento

All’inizio del 1945 le truppe Alleate erano bloccate sulla “linea gotica”. Dopo numerosi ed inutili tentativi di sfondamento, a fine marzo, il Generale Richard Mc Creery, comandante dell’VIIIa Armata, che fin da El Alamein ben conosceva la combattività dei paracadutisti italiani, chiese al “Gruppo di Combattimento Folgore” duecento paracadutisti volontari per una importante Missione da effettuarsi alle spalle delle linee nemiche.  

 Furono scelti 226 fra ufficiali, sottufficiali e truppa, che furono armati ed addestrati all’aeroporto di Gioia del Colle dall’Esercito inglese al lancio con il paracadute. 

il compito assegnato 

“”” …  alle 26 pattuglie consisteva nel: creare il panico fra i nemici in ritirata, rompere i loro schieramenti con azioni di disturbo e sabotaggio.

La sera del 20 aprile dall’aeroporto di Rossignano Solvay ( Livorno), 14 C-47 decollarono verso la valle Padana andando incontro ad un imprevedibile destino. Appena superata la “ linea gotica “ furono bersaglio di in rabbioso impenetrabile sbarramento, i paracadutisti … vennero lanciati in velocità da una quota di cento venti metri; alcuni dei partecipanti atterrarono esanimi perché colpiti in volo... Ogni paracadutista - oltre alle armi individuali: mitra mab.1 da quaranta colpi,  pugnale e bombe a mano - era dotato di un contenitore con 40 Kg. di esplosivi e munizioni. Non erano previste le vettovaglie poiché era scontato l’aiuto della popolazione. “””

 

 

 Nella foto, una delle pattuglie in volo verso l’obiettivo.

 I RISULTATI  dell’ AZIONE:

44 automezzi distrutti, 7 strade di grande comunicazione distrutte, 3 ponti salvati dalla distruzione, un deposito di munizioni distrutto, 77 linee telefoniche distrutte. Caduti: 31, feriti 26.

Considerato che essi operarono nelle notti del 20/21/22/23 e in zone diverse da quelle programmate a causa delle enormi difficoltà incontrate, si può affermare che i risultati furono molto positivi e contribuirono ad accelerare la fine delle ostilità sul suolo italiano.

 


Pubblicato il 20 luglio 2010

 

Da  EL  ALAMEIN  a TUNISI

 

Sono andato in vacanza varie volte in Tunisia fra Hammamet e Monastir.

Per me e molti italiani quei luoghi erano considerati solamente un posto esotico, una villeggiatura che il Comune di Brescia proponeva ai cittadini anziani a costi convenienti.

Fino a poco tempo fa anch’io,  come molti altri, non associavo al soggiorno il fatto che, a pochi Km. dal nostro ombrellone, aveva avuto luogo l’ultimo eroico sacrificio dei nostri soldati in terra d’Africa. Ho provato un senso di amarezza nel pensare che gran parte degli italiani nulla sapessero di Takrouna, né del segno tangibile lasciato dai “ragazzi” al momento di dissoluzione della Folgore.

 

Si ricordano i protagonisti della decisiva Battaglia di El Alamein, dell’operazione Henrich, della ritirata nel terribile inverno russo, dei ripiegamenti dei fanti nel fango d’Albania, ma quasi nulla  si conosce della drammatica ritirata degli italiani in Africa Settentrionale

Mi sono quindi posto alcune domande e sfogliando le pagine che descrivono la tenacia con cui i soldati italiani hanno fronteggiato l’8° Armata Britannica mi sono chiesto:  dopo El Alamein,  come hanno affrontato  la tragica ritirata gli uomini che sono sopravvissuti ed hanno continuato a combattere – dal 6 ottobre 1942 al maggio 1943 nel deserto in Tunisia?

I pochi reparti paracadutisti che rimasero compatti riuscirono a rompere l’accerchiamento inglese. Affrontarono la fame, la sete, il timore della prigionia, i mitragliamenti dell’Aviazione Alleata; superarono ogni difficoltà durante la lunga sfibrante e deprimente ritirata sino al maggio 1943.

Circa 500 paracadutisti arrivarono al punto di raccolta, il campo trincerato di Tripoli,  isolati, a gruppi, con ogni mezzo. Si sentivano abbandonati, inutili, fino a quando per iniziativa del Capitano Lombardini comandante della 20° compagnia del Raggruppamento Ruspoli, costituirono amalgamati dall‘amicizia, e dalla  solidarietà germogliata a Tarquinia il 285° Battaglione paracadutisti Folgore.

Va ricordato che mentre con iniziative praticamente personali si svolgeva il lavoro di unificazione dei superstiti provenienti da vari reparti, il Bollettino dello SM/RE aveva, nel frattempo, diligentemente cancellato dall’ordinamento dell’Esercito la Folgore con freddo stile burocratico: “dissolta per eventi bellici”.

 

 L’8 novembre 1942, a completare la nostra sconfitta ormai certa, il Corpo di spedizione degli Stati Uniti sbarcava in Marocco ed in Algeria per entrare in battaglia a fianco dei britannici.

Ricordare il valore dei nostri soldati ed il sacrificio dei caduti, allorché soverchiati dalle truppe degli anglo-americani che avevano preso Tunisi tagliando ogni collegamento con l’Italia e rendendo inutile la prosecuzione delle ostilità, è molto più di un dovere.

 Riservandomi di riprendere il tema, voglio accennare,  fra i tanti, ad uno degli innumerevoli  episodi di eroismo che ben sottolineano le caratteristiche fisiche, morali, di solidarietà e altruismo dei paracadutisti della Folgore.

 

LA  CONQUISTA  di TAKOUNA

Circa 400 paracadutisti erano riusciti, insieme ad altri reparti italiani e tedeschi, a rompere l’accerchiamento delle truppe Alleate e  continuato a combattere per tutta la ritirata in Egitto, in Libia, fino in Tunisia.

Lì sostennero aspri combattimenti, anche all’arma bianca. Delle cinque compagnie del 285° Battaglione i circa 180 superstiti formarono due compagnie, alle quali il Generale La Ferla della Divisione “Trieste” affidò il compito di conquistare il caposaldo di Takrouna occupato da truppe neozelandesi

Per la conquista del caposaldo (un villaggio arabo abbarbicato sulla cima di un picco roccioso), era necessario effettuare la scalata di una ripida parete rocciosa di  circa 40 metri esposta al fuoco nemico; quella parete che, secondo il comandante - alpino paracadutista - era la sola via da percorrere per occupare la cima. 

“ … il Sergente Maggiore Sanità si offre volontario per l’’impresa e sceglie 12 uomini. Nove sono paracadutisti provenienti dagli alpini, due granatieri e un tedesco. Passano minuti interminabili, ad un tratto dall’alto si sente il gracidare dei mitra tra scoppi laceranti di bombe a mano . Si odono anche urli e tonfi alla base delle rocce . Sono Neozelandesi scaraventati dall’alto in una feroce lotta a colpi di pugnale …. “

Il Caposaldo di Takruna fu conquistato e difeso ad oltranza dal 19 al 30 aprile 1943.

 

“ dall’Alpin de Trieste n° 146 –luglio 2009

Alle ore 13 del 13 maggio 1943 quel che rimaneva dell’Armata Italiana abbassava le armi. Il Maresciallo Alexander, in un commento apparso sulla London Gazete scrive:

“ … Per quaranta mesi ininterrottamente, quando ogni speranza di vittoria era sparita da un pezzo, ufficiali e soldati, specialmente di fronte agli inglesi, avevano dimostrato che quando non potevano vincere sapevano eroicamente morire. “

William Shirer nella Storia del Terzo Reich scriverà: “… Mentre in Libia si combatte ancora , in Tunisia si continua a far affluire uomini e mezzi  per  permettere …. se necessario a Rommel di reimbarcarsi … Se il Führer avesse mandato qualche mese prima soltanto un quinto di quelle truppe e di quei carri armati a Rommel, probabilmente in quel momento “la volpe del deserto” si sarebbe trovata  al di là del Canale di Suez …

 


Pubblicato il 02 maggio 2010

 

Dedicata ai giovani paracadutisti

 Sono pochi i commilitoni della nostra Sezione che conoscono la breve ed intensa storia dei paracadutisti bresciani, a partire  dal nostro precursore, il calzolaio bresciano che intendeva  lanciarsi con un paracadute dalla torre del Pegol ( Palazzo del Broletto ). Riteniamo un nostro dovere scrivere questa schematica nota riferita al paracadutismo ed in particolare a quello bresciano con una sola aspirazione: favorire, come recita l’articolo 2 dello Statuto della nostra Associazione:

l’amore e la fedeltà alla Patria ela glorificazione dei Paracadutisti caduti nell’adempimento del loro dovere, in guerra ed in Pace, perpetuandone la memoria 

DAL  1893  PARACADUTISTI  A  BRESCIA

Cenni storici

Il paracadute, che secondo alcune fonti sarebbe già stato noto in Cina sin dal secolo XV, venne poi studiato da Leonardo da Vinci che nel 1514 ne disegnò un esemplare.

Allo studio ed alla sperimentazione si dedicò poi nel 1595 F. Venalzio da Sebenico, mentre il primo lancio venne compiuto nel 1738 dall’Osservatorio di Montepellier dal francese Leonormand seguito poi da altri.

Una delle prime e singolari imprese paracadutistiche  bresciane viene segnalata dai giornali cittadini nell’ottobre 1893, quando il calzolaio Gerolamo Baronio presenta alla stampa il paracadute da lui costruito con tela e stecche da quattro metri, con il quale pensava di  paracadutarsi dalla torre del Pegol….

Il primo  lancio da un aereo in volo era già stato compiuto nel 1912 dal capitano Berry presso Saint Louis.

Il bresciano M. Ferri nell’agosto 1926 si fece conoscere per i suoi esperimenti nel campo di aviazione di Centocelle davanti a commissioni militari europee, russe,  americane, cinesi e giapponesi.

Nel 1938 alcuni bresciani entrarono a far parte delle Forze Armate Italiane a Castel-Benito in Libia. Era un battaglione formato da paracadutisti libici guidati da ufficiali italiani. Furono chiamati  “Fanti dell’Aria”.

Il 15 ottobre 1939 presso l’aeroporto di Tarquinia nasce la scuola di paracadutismo dove i primi reparti paracadutisti sono addestrati alle nuove forme di combattimento.

Inquadrati poi nella divisione “Folgore “ effettuano nel 1941 il primo lancio di guerra sull’isola di  Cefalonia.

Luglio – novembre 1942: in Africa Settentrionale si distinsero nella Battaglia di El Alamein.

Dopo il sanguinoso cammino segnato dalle fulgide tappe di Al Qattara, Halam Alfa , El  Alamein i  pochi superstiti combattono in territorio tunisino.

Nella battaglia di Tahruna (Tunisia) la “Folgore” cessa di esistere.

Dopo l’otto settembre, la grande maggioranza dei paracadutisti superstiti di El Alamein  e della divisione Nembo combattono nella guerra di liberazione inquadrati nel C.I.L (Corpo Italiano di Liberazione).

Il nome glorioso dei combattenti di El Alamein ritorna durante la guerra di Liberazione dove la tradizione di valore dei paracadutisti viene rinnovato nel “Gruppo di Combattimento  Folgore “. 

Il 22 aprile 1945 a Poggio Rusco (MN)  il bresciano Sottotenente Franco Bagna, nel corso dell’ “Operazione Herring”, che consisteva nel lancio di guerra alle spalle del nemico di 226 paracadutisti italiani,  è  decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria. Il nostro valoroso cittadino è ricordato nel labaro della Sezione di Brescia che è intitolata a lui .

Nel 1947 si ha  la costituzione del Centro Militare di Paracadutismo.

Il 15 giugno 1952 l’Associazione paracadutisti del Vittoriale degli italiani a Gardone Riviera organizza una gara di paracadutismo sul Lago di Garda.

Nel 1957 il paracadutismo sportivo si sviluppa nel dopo guerra, con il primo lancio su Mantova con partenza da Ghedi. 

Gennaio 1963 - Nel paracadutismo italiano ha grande rilievo la figura del Generale bresciano di Corpo d’Armata Aldo Magri, che fu il primo comandante della ricostituita “Brigata Paracadutisti  Folgore”.Magri  effettuò il suo primo lancio a 52 anni; fu Presidente onorario dell’Associazione Nazionale Paracadutisti della Sezione  formata da reduci della Folgore/Nembo, che  ebbe sede a Brescia a San Polo (via Vittorio Arici, 70).  Presidente  era il Cav. Aldo Sorsoli e Vice Presidente il Cav. Luigi Mariotto.

La Brigata Paracadutisti il 10 giugno 1967 riassume il glorioso nome della “Folgore”.

Brescia negli anni settanta risulta la città che manda più allievi alla Scuola di Pisa e alimenta gli organici della Brigata Folgore di stanza a Livorno. 

Serle ospita il primo Raduno Nazionale dei paracadutisti in congedo e dedica un monumento ai paracadutisti.

All’inizio del 1968 un gruppo di appassionati paracadutisti: Cirimbelli, Faustini, Galli, Mussinelli, Rubagotti e Begni decide di dar vita al Nucleo dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia di Chiari, che viene intitolata a Gian Marco Morina, artigliere paracadutista della Divisione Folgore caduto ad El Alamein nel 1942. Il Nucleo trova una prima sede in via Varisco, si trasferisce in seguito in via Cortezzano, per porre poi il suo recapito in via  Zeveto.

Si  forma a Montichiari un centro di paracadutisti frequentato da 50 – 60 allievi, che dispone di tre aerei e per qualche mese  diffonde la moda dei lanci nei vari centri della provincia.

Nell’ottobre 1975, a seguito della ristrutturazione dell’Esercito, disciolto il 1° Reggimento Paracadutisti, tutti i Battaglioni passano direttamente al Comando di Brigata, riassumendo numerazione e nominativi che si allacciano alle più belle tradizioni: Tuscania, Tarquinia, Col Moschin, 185° Gruppo Artiglieria Viterbo. Con l’abolizione del Servizio di leva e l’adozione di nuove armi e mezzi questo ordinamento è cambiato. La Brigata, però, conserva il suo “peso” organico e non cambia lo spirito dei Paracadutisti.

Il 10 giugno 1984 viene aperta in via San Faustino una nuova sede dell’Associazione Paracadutisti d’Italia con una lapide dedicata ai caduti di guerra.

Nel settembre 1989 un monumento al paracadutista è  inaugurato ad Iseo per ricordare i vent’anni dalla fondazione del nucleo paracadutisti iseani, di cui fu promotore Giuseppe Bazzana.

In declino negli anni ’90, riprende vigore a partire dal 1998 con le concrete iniziative di un gruppo di paracadutisti: Mauro Scaratti, Tino Feola, Mario Regazzi. Presidente è Ruggero Salvo.

Gennaio 2008 – L’Assemblea annuale della Sezione, preso atto  delle dimissioni del Presidente Ruggero Salvo, dopo circa  10 anni di generoso impegno, elegge all’unanimità, a scrutinio segreto, Presidente della Sezione A.N.P. d’Italia, Tino Feola  e riconferma in toto il Consiglio uscente.


 

Pubblicato il 02 AGOSTO 2010

 

UN'ALTRO EPISODIO DELLA NOSTRA STORIA DIMENTICATO

 

Anni ’30 : sulle note della fanfara …                                                                         

 in  via Spalto S. Marco a Brescia, ogni sabato pomeriggio centinaia di giovani  adolescenti in camicia nera marciavano, correvano sulle note della fanfara, imbracciavano un moschetto e si addestravano al suo utilizzo.

Questo fatto, in quel tempo,  avveniva – contestualmente - in tutte le città d’Italia.

10 Giugno 1940.

Con la dichiarazione di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna l’Italia entrava in guerra.  

Agosto 1940

Rispondendo all’invito della G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio) 20mila operai e studenti 17/18enni ( esenti dalla cartolina di precetto ) partecipavano alla “Marcia della giovinezza”.

450 Km a piedi da Albisola (GE) in 20 tappe raggiungevano Padova.

All’arrivo ne contarono 25.000. Furono selezionati 3.000 giovani che formarono tre Battaglioni. Chiedevano di essere arruolati in qualità di volontari di guerra e di raggiungere il fronte di combattimento.

I tremila giovani, ( con  il consenso firmato dai genitori ) furono addestrati a Formia, Gaeta, a Scauri, a Miturno e, con il giuramento al Re e alla Patria, costituirono il

 “Gruppo Battaglioni Giovani Fascisti”. Era l’unica unità del Regio Esercito formata da soli volontari.

Sul bavero della giacca: le stellette e le mostrine con due punte rosse bordate di giallo.

7 luglio 1941

Il  “Gruppo Battaglioni Giovani Fascisti”  sbarcò a Tripoli e fu inviato a presidiare l’importante nodo strategico di Bir El Gobi. Il compito era arduo ed era il loro primo combattimento.

La battaglia iniziò il 3 e si concluse il 7 dicembre. I combattimenti furono cruenti e resero nullo il piano inglese che prevedeva di dividere in due lo schieramento italo-tedesco e costringere l’armata a togliere l’assedio a Tobruk  

Nonostante l’enorme inferiorità di uomini e mezzi ostacolarono con successo gli attacchi inglesi. Sul campo, rispetto all’asprezza dei combattimenti le perdite furono minime: 53 Caduti, 31 dispersi e 137 feriti.

L’eroica resistenza fu riconosciuta dalla stesso Rommel che volle conoscerli personalmente.

L’8 novembre 1942

Il “Gruppo” per evitare di essere accerchiato fu costretto al ripiegamento. I volontari percorsero 1.000 Km. in piste sconosciute, furono sottoposti agli attacchi dell’aviazione inglese e subirono gravi  perdite di uomini e mezzi.

Ciononostante il Comando dell’ Armata italo-tedesco ritenne che il reparto era ancora efficiente e lo utilizzò come retroguardia a copertura delle forze italo – tedesche in ritirata.

Gennaio 1943

 Arrivò dall’Italia il III Battaglione che fu subito sciolto per rinforzare gli organici decimati del 1° e del II Battaglione.

Il “Gruppo Battaglioni G.F. si attestarono sulla linea fortificata francese in Tunisia.

17-30 marzo

I volontari furono impiegati in violenti combattimenti, anche all’arma bianca. Partecipano agli scontri di El Algheila e Marsa Brega

Il 13 maggio arrivò da Roma l’ordine della resa e “ Le bandiere del II  III Battaglione sono sepolte nella sabbia.

Quella del I è  divisa in diciassette parti ed è consegnata a volontari ed ufficiali affinché la ricompongano rientrati in Patria. “

La bandiera è stata in parte ricostruita e si trova nel Museo Reggimentale.

Settant’anni dopo, superando ogni pregiudizio, è nostro dovere offrire alla riflessione dei nostri giovani paracadutisti questa nota che ricorda una fra le meno conosciute pagine della nostra Storia.

Qui di seguito riportiamo lo stralcio del discorso pronunciato il 25 ottobre 2008 al Sacrario  di El Alamein dal Presidente della Repubblica 0n. Giorgio Napolitano:

 “ …rendiamo dunque omaggio alle virtù morali ed alle straordinarie doti di coraggio di cui decine di migliaia cui diedero incontestabile prova.

Tutti furono guidati dal sentimento nazionale e dall’amor di Patria, per diverse e non compatibili che fossero le ragioni invocate dai Governi che si contrapponevano su tutti i fronti nel secondo conflitto mondiale.

Fu una sconfitta che non avrebbe gettato nessuna ombra sui valori di lealtà e di eroismo dei combattenti italiani e tedeschi, ma che fu dovuta, non solo ad El Alamein, ma alla soverchiante superiorità di uomini e di mezzi dell’opposto schieramento.

Tutto questo da un pezzo alle alle nostre spalle , ma non va dimenticato…”

   


Pubblicato il 07 SETTEMBRE 2010

 

L’ULTIMO  VOLO  DI  ITALO BALBO

 

Lo scorso anno, ( 10 agosto 2009 ) su questa rubrica, è stato dedicato spazio ad una notizia che ha visto protagonista il paracadutista Ten.Colonnello Giuseppe Aloi ( vedasi anche la nota a pagina 11/12 di “Folgore” di giugno 2010 ). Fra l’altro nel testo dello scorso anno, è stata riprodotta la  fotografia del suo primo lancio ( Tripoli, Cartel Benito 1938 ) dedicata dal “Fante dell’Aria” al nostro Presidente cav.uff. Tino Feola. Alle considerazioni ed ai documenti accennati lo scorso anno, si aggiunge un filmato che recentemente è stato trasmesso in tarda serata da RAI 1 dedicato al Maresciallo dell’Aria e Governatore della Libia Italo Balbo. All’epoca la Libia era una Regione italiana denominata “quarta sponda”, fra l’altro, gli abitanti con Legge promulgata dallo Stato italiano avevano acquisito il diritto - a tutti gli effetti - alla cittadinanza italiana.A Castel Benito in Libia era di stanza la prima scuola di paracadutismo.

Il filmato è opera del regista scrittore Folco Quilici il cui padre Nello, in qualità di inviato speciale è morto con Italo Balbo quando l’aereo, pilotato dallo stesso Balbo fu abbattuto dal fuoco amico. Nelle pagine del Diario di guerra del padre ed in un suo libro “Tobruk 1940 “ Ed. Mondadori, egli evidenzia come da quel Diario manchino interi stralci dalla pagina 22 alla 27 del mese di giugno 1940 e il regista si domanda: perché ? Chi si appropriò delle pagine che mancano? Contenevano forse, la chiave del mistero su come mai quella notte di giugno Italo Balbo decise di raggiungere l’avamposto di Sidi Azeis a pochi Km. dal confine egiziano?Balbo - ipotizza il documentarista – forse cercava un contatto con i “giovani ufficiali egiziani” che avevano deciso di cacciare gli invasori inglesi che, nei giorni precedenti avevano inondato Alessandria e il Cairo di volantini contro la guerra inneggianti alla pace. Quilici ha una sua idea, gli storici potrebbero verificare la verità cercando fra le carte negli archivi segreti del Cairo.

 

 

 

 


 

 

 

 

 

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