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Felice Compagnoni - mio padre Nel mirino dei servizi segreti del fascismo
Mio padre Giuseppe Nicolò Felice Compagnoni , socialista, fu costretto ad espatriare nel 1934 e morì a Parigi nel 1935. Grazie al lavoro di ricerca di Andrea Andrico e alla collaborazione di Marco Fenaroli, sono riuscito a venire in possesso del dossier conservato tuttora presso gli archivi del Ministero dell'Interno. Dalle carte emerge che i servizi segreti dell'epoca seguivano passo passo gli spostamenti dei miei genitori, nonostante mio padre in fin dei conti fosse una figura "minore" nel mondo degli attivisti del Partito Socialista. In una nota del 1934 viene scritto infatti "successivamente al 1925 il Compagnoni, benché non si sia più occupato di politica, non ha finora fornito prove di sicuro ravvedimento politico", tanto che "è in corrispondenza epistolare con il noto socialista avv. Violante Ettore". In una nota successiva (era tenuto d'occhio anche all'estero) si comunica che "è stato rintracciato nel comune di Argenteuil" dove "lavora come calzolaio, si dimostra apertamente di sentimenti socialisti e antifascisti ma la sua attività politica non appare degna di rilievo". E' altresì evidente l'importanza di verificare che un socialista sia morto: prima arrivano informazioni confidenziali, poi si "ha l'onore di comunicare che il connazionale è deceduto". Notare nella stessa lettera che "la consorte (..) qui venuta per rivedere il marito ed assisterlo nei suoi supremi istanti, è stata rimpatriata in data odierna a spese dell'erario perchè priva di mezzi". Come scrivo a pag. 31 della autobiografia "Altritempi": "La mamma ha 43 anni, io ne ho tredici e Walter undici e mezzo. Le attrezzature del negozio di Parigi e la poca merce che è rimasta è stata venduta per pagare le spese sostenute durante la degenza in ospedale. La mamma è sola con i suoi figli senza alcun aiuto.
Questo dossier quindi è un documento molto interessante di come un qualsiasi cittadino "sospetto" ai tempi del fascismo venisse seguito e spiato, anche all'estero.
per Parigi partirono in tre: mio padre, il fratello di mia mamma Fausto e Pietro Marchina, che così viene descritto in una pubblicazione dell'ANPI di Gussago:
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